Nella mia cittadina (oggi non tanto ridente), Desenzano del Garda, si va al
ballottaggio domenica 20 e
lunedì 21 maggio: il civico Renzo Scamperle contro Rosa Leso del Pd, aspirante a essere la prima donna-sindaco per la città. Ma per molti comuni è bastato il primo turno a confermare o rinnovare
l’amministrazione civica.
Al di là dei risultati del voto, a ogni campagna elettorale si aggiunge qualcosa
di nuovo.
Ora
che la corsa è finita, si può guardare indietro e osservare un poco il
percorso. Se una volta la battaglia tra i pretendenti alla poltrona si
combatteva solo a suon di manifesti, santini e comizi, oggi i simboli li
abbiamo visti ovunque: sulle penne e sugli uomini sandwich, sulle auto e sui
maxischermi, persino su magliette, palloncini e persino tappeti!
In
facebook e twitter, social network in gran voga, un turbinio di commenti e
provocazioni. Fuori dalla rete, un fiorire di gadget più o meno originali, una gara
sfrenata a chi sorprende di più, nella speranza di riuscire a fermare
l’attenzione e a conquistare l’agognato voto. La pubblicità ha coperto il suolo pubblico, in barba al
rispetto dell’ambiente, leitmotiv di molte liste.
Da
galante (candidato) c’è chi ha regalato fiori alle signore o ha tappezzato le
auto di “Aprimi”, messaggi e grandi promesse.
La comunicazione, quella
elettorale in questo caso, può essere paragonata a una lama a doppio taglio. In effetti, un messaggio non testato (non
provato in anteprima su un campione rappresentativo di elettori) potrebbe
diventare un brutto autogol, stancare e produrre l’effetto inverso, ecco allora
che ci si affida in toto ad agenzie di comunicazione specializzate e consulenti
dell’immagine, che mai come questo giro hanno consigliato espressioni serie e
sguardi impegnati, per seguire la sobria linea del governo Monti.
L’ufficio stampa tradizionale è stato
supportato da una campagna comunicativa sempre più orientata al web 2.0, tra twitter e facebook,
interviste caricate su siti internet, giornali on-line, blog e web radio e web
tv. Un’ampia e importante vetrina parallela al mondo reale, con comunicati
stampa inviati in diretta e dichiarazioni postate con studiata regolarità. Le
interviste audio o scritte hanno girato la rete e “consentito” a molti, anche
dopo il silenzio imposto nel mondo reale, di continuare a farsi sentire o
vedere fino all’ultimo istante prima del voto.
Oggi
la squadra del candidato sindaco,
per essere all’altezza dei politici nostrani, si è allargata: servono il
portavoce, il consulente politico, uno speechwriter – ovvero una sorta di guida
per la stesura dei discorsi da portare ai comizi o confronti pubblici, ma
attenzione a chi legge e basta! – oltre che un coordinatore o un manager
dell’intera campagna elettorale, un ricercatore di marketing
politico-elettorale e, per i più
esigenti, la figura del personal coach che suggerisce pose, toni, mosse e look
al candidato, così che tutto, dall’immagine alla voce, sia curato nel dettaglio
per incantare al meglio l’elettorato. Che, sappiamo, di questi tempi è sempre
più confuso.
A
pensarsi su, ci mancherebbe solo la stuntman
(una acrobata, magari come controfigura) da far saltare in piazza!
Comunque,
la comunicazione affidata a una normale agenzia
di comunicazione può non bastare a misurare in anticipo e in maniera
scientifica il ritorno di gradimento e di penetrazione, come accade invece se
la comunicazione politica è curata da un istituto di ricerca che utilizza strumenti
conoscitivi collaudati, più attendibili e di più elevato livello professionale.
Vabbè, scelta di fatto improponibile nel caso delle liste civiche che quest’anno si sono moltiplicate come reazione ai partiti incapaci di coalizioni o per il desiderio di provare e ambiare qualcosa, e che si autofinanziano e non ricevono denari dalle segreterie. I budget più contenuti generano campagne meno pompose, comunicazione e propaganda “fai da te”, affidate al portafoglio dei candidati, alla fantasia e alla buona volontà dei singoli. Per ufficio stampa un amico, o un nome in lista, e avanti con il passaparola, il giro di santini, volantini e spille e i brindisi in piazza.
Vabbè, scelta di fatto improponibile nel caso delle liste civiche che quest’anno si sono moltiplicate come reazione ai partiti incapaci di coalizioni o per il desiderio di provare e ambiare qualcosa, e che si autofinanziano e non ricevono denari dalle segreterie. I budget più contenuti generano campagne meno pompose, comunicazione e propaganda “fai da te”, affidate al portafoglio dei candidati, alla fantasia e alla buona volontà dei singoli. Per ufficio stampa un amico, o un nome in lista, e avanti con il passaparola, il giro di santini, volantini e spille e i brindisi in piazza.
Oltre
ai cartelloni affissi negli spazi
comunali consentiti, si sono visti circolare camper, autobus o autocarri, sono
tornati addirittura i famosi Ape per esibire la pubblicità dei candidati. C’è
chi si è mosso d’anticipo con sondaggi specifici, somministrati alla gente per
tastare il terreno e raccogliere suggerimenti in funzione del programma
elettorale.
Via
email abbiamo ricevuto newsletter
con gli appuntamenti aggiornati giorno per giorno e per strada messaggi
subliminali, spot, frasi a effetto, titoli e colori studiati per cercare di far
strabuzzare l’occhio del passante. Per creare fermento intorno al candidato
sindaco si è fatto di tutto, anche nell’intrattenimento:
eventi musicali e teatrali, degustazioni e cene, lezioni di marketing o di
buona cucina, concerti con giovani band, incontri con autori e politici, grandi
nomi e grandi platee, tanto rumore e un fermento inusuale per certi paese
abituati alla quiete del non fare o del più silenzioso costruire.
Ora,
dopo settimane affollate di banchetti in piazza, convention e dibattiti, il
vecchio (immancabile) porta a porta e cassette della posta intasate, la
campagna elettorale anche quest’anno si è conclusa.
Cosa ha fruttato di più? Forse
più dei colpi sparati a grande effetto, dai primi risultati, alle
amministrative almeno, ancora conta l’essere conosciuti e stimati, magari
l’aver alle spalle un partito di sostegno (questo per chi ancora crede nei
simboli) e l’aver giocato bene le proprie carte con passaparola e consiglieri
noti (che abbiano fatto tanto o poco, a seconda) ma i cui nomi circolino sul
territorio, magari da anni. La vecchia conoscenza
in Italia è ancora una garanzia. Quasi sempre.
(Francesca Gardenato,
da “Verona Fedele” – numero del 13 maggio 2012)
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