È una generazione
ormai completamente digitalizzata, che imbastisce buona parte delle
relazioni sui media, lontana dai grandi
valori di solidarietà, impegno e partecipazione.
Sono i giovani
del Basso Garda, al centro di un’indagine sociale e di un convegno promossi
dal Centro di pastorale giovanile del
lago bresciano (JLB).
Nella mattinata di sabato 18 aprile, davanti a un pubblico di educatori,
amministratori, operatori della pastorale, insegnanti e animatori sono stati
presentati i risultati della ricerca condotta su un campione di 915 adolescenti e giovani tra i 14 e i 28 anni delle 24 parrocchie
del vicariato foraneo del lago
bresciano. Attraverso un questionario somministrato via web, sono stati
indagati ambiti cruciali della loro vita
(famiglia, scuola, tempo libero, comportamenti devianti) dedicando spazio all’orientamento valoriale e alla sfera religiosa per poi passare ai
rapporti con le realtà locali.
Risultato:
poco meno di un giovane su due si dichiara cattolico, mentre
chi vive a contatto con àmbiti parrocchiali è meno esposto a comportamenti a
rischio.
Le riflessioni
Al centro della mattinata, aperta dal sindaco
di Desenzano Rosa Leso e conclusa
dal vescovo mons. Giuseppe Zenti,
l’intervento di Valerio Corradi, docente
di Sociologia del territorio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di
Brescia e coordinatore dell’equipe che ha curato la “Ricerca sulla condizione
giovanile nel territorio gardesano”. A commentare la fotografia attuale, con
riflessioni sulla vita scolastica e familiare dei giovani d’oggi, è intervenuta
la psicologa Valentina Pasqualetto,
collaboratrice di Iner Verona, educatrice all’affettività e alla sessualità,
che ha rimarcato l’importanza di «fare rete nell’educazione», di «una scuola
capace di intercettare le doti dei ragazzi e incentivarle» e di «una famiglia
presente, che non deleghi».
Don
Michele Falabretti, direttore del Servizio nazionale di pastorale
giovanile, ha focalizzato l’attenzione proprio sulla pastorale giovanile
nell’attualità del nostro tempo e sull’importanza che le comunità parrocchiali
siano i veri «luoghi di esperienze social», «generatori di valori e di fede»,
capaci di testimoniare «una spiritualità vicina alle cose e alla vita di tutti
i giorni».
Mentre Giovanni
Mazzi, direttore della Fondazione Exodus Onlus ha raccontato,
attraverso storie di vita in comunità, l’operato di Exodus rimarcando
l’importanza della prevenzione e del recupero di giovani che hanno abusato di
alcol o di sostanze.
Al vescovo Giuseppe Zenti (nell'immagine a destra) il delicato compito di concludere i lavori. Al centro la speranza: «Abbiate
fiducia – ha detto rivolgendosi ai molti laici, parroci ed educatori presenti –
qualcosa in questa parte di diocesi si sta muovendo. Ciò che è seminato
germoglierà col tempo... La possibilità di fare qualcosa per i nostri giovani, ora,
è più di un sogno, è una profezia».
Un plauso a don Alessandro Turrina, che con la sua equipe di giovani del Centro
JLB, ha organizzato il convegno e lavorato per la riuscita della ricerca e di
una serie di eventi collegati.
Chi
sono i giovani del Garda?
La rilevazione effettuata tra settembre 2014 e marzo 2015 nell’area bresciana del Garda è
frutto delle interviste a cui hanno risposto, via internet, 915 giovani, un
campione rappresentativo di circa il 10%
della popolazione giovanile della zona indagata, bilanciato tra maschi
(49,8%) e femmine (50,2%), con una distribuzione piuttosto omogenea delle
diverse fasce d’età. Il 23,2% dei rispondenti risiede a Desenzano, il 30,6% a
Lonato, Sirmione e Pozzolengo, il 13% nei paesi della Valtenesi e il 33,2%
fuori territorio.
La
fotografia che ne deriva è quella di «una generazione che comunica
molto, ma fatica a instaurare relazioni – ha commentato il dottor Corradi (nella foto a lato) – mostrando un deficit di empatia. Adolescenti e
giovani sembrano vivere in una perenne crisi d’identità, frutto di una perdita
di modelli e riferimenti esterni “alti e forti”, che riguarda anche coloro che
dovrebbero assumere un ruolo educativo nei loro confronti».
In merito al rapporto con la religione e il mondo ecclesiale, emerge che il
48,7% degli intervistati si dichiara cattolico, il 15,5% è non credente e
l’8,6% agnostico, il 12,3% crede in un’entità superiore, l’1,5% guarda alle
religioni orientali e l’11% si dichiara genericamente cristiano. «L’adesione al cattolicesimo risulta
inferiore alla media nazionale, ma in linea con i dati del Nord Italia
(Toniolo-Ipsos, 2014, ndr)», ha precisato il docente di Sociologia. Se
guardiamo poi all’osservanza delle pratiche religiose: solo un giovane su
cinque va a Messa ogni settimana. Però solo il 21,7% non ci va mai, il 33% una
o due volte l’anno, il 23,2% una o due volte al mese.
Il quesito è: perché adolescenti e giovani
si allontanano dalla parrocchia?
I motivi principali sono la scarsità di tempo e
di motivazione, rapporti problematici con gli adulti (parroci, curati,
catechisti, proposte noiose e con scarsa attrazione, ostilità verso
l’istituzione, distacco inteso come tappa di maturazione “post-Cresima”). Anche
nel tempo libero gli spazi parrocchiali
hanno un ruolo secondario. Per il tempo libero, le proposte più gettonate sono quelle
delle associazioni sportive; il 64% oggi non conosce il centro di pastorale
giovanile JLB.
I luoghi di ritrovo più
apprezzati sono i bar e pub (50,7%), seguiti dalle case private (44%) e
dalle strutture sportive (31,4%); solo il 22,4% indica l’oratorio e la
parrocchia come spazio fisico per le relazioni amicali.
Altra area indagata sono i valori e l’attitudine verso la vita. Qui, a sorpresa, la famiglia è al primo posto (77%),
seguita dall’amicizia (56,7%) e dall’amore (40,1%), privilegiato dopo i
vent’anni e più dalla ragazze; lo sport conta per il 18,3% e la religione per
il 5,9%.
Il
grado di soddisfazione per la vita è buono (la zona lacustre si conferma un’oasi piuttosto felice): il 18,7%
si dichiara molto soddisfatto e il 57,1% abbastanza. Per la fiducia e le figure
di riferimento vince la mamma, seguita
da famiglia, padre e amici. La famiglia è considerata un valore per la più
parte dei giovani: protegge e rassicura.
Giovanni Mazzi, della Fondazione Exodus Onlus, nipote di don Antonio Mazzi |
Non
stupisce l’iscrizione ai social network, che dai 15 anni in su
interessa oltre il 93% del campione (82,5% nei 13/14enni) ed esprime un atteggiamento di voyerismo che spinge alla ricerca di approvazione nella
condivisione di parole, foto e video di sé. Malgrado il 34,9% indichi la salute
come un valore importante, circa il 46%
degli intervistati dichiara di abusare di alcol, e il consumo aumenta con
l’età. Mentre l’assunzione di sostanze è
ammessa ‘solo’ dal 18% degli intervistati, preoccupano l’abbassamento
dell’età dei primi contatti con le sostanze (13-14enni a rischio) e il
coinvolgimento sempre maggiore delle ragazze. Molto interessante è come chi è vicino al mondo cattolico sia meno
portato ad assumere rischi di alcol, droghe o altro (vale per quasi il 70%).
Conclusioni
Ora, con la ricerca in mano, che fare?
«Dai
dati – ha concluso Corradi – occorre passare alla pratica. Ovvero a un ascolto
attivo dei giovani. Creare un tavolo di lavoro permanente che li riguardi,
usare nuovi linguaggi e spazi virtuali per dialogare con loro, fare più
formazione negli oratori per renderli luoghi di accoglienza moderna. Unire le
forze nella pastorale e nelle azioni educative».
Articolo pubblicato sul settimanale diocesano, Verona Fedele, numero del 26 aprile 2015 (www.veronafedele.it). Fotografie di Fulvio R.