Erano oltre milleduecento ieri sera (16
novembre) gli ospiti del NoName, discoteca lonatese, ex Fura. Prima del bagno
di folla, il “sex symbol” italiano Gabriel Garko si è fatto a lungo attendere. Dopo
aver cenato a Padenghe, è salito sul palco intorno all’una e quindici. Niente
interviste, niente scatti singoli, perché sotto contratto Mediaset.
Fare da
divo, occhiali da sole, sorriso stampato, un metro e novanta d’attore scortato
da guardie del corpo e manager al fianco. Nessuna dichiarazione, solo un rapido
«finito qui, parto per Mestre, dove mi attendono per chiudere una serata».
Dai fotoromanzi alle fiction al cinema. Gabriel
Garko da settimane è impegnato nel nuovo film con la regia di Asia Argento
“Incompresa”, nel 2014 tornerà a essere il boss Fortebracci nella quarta
stagione di “L’onore e il rispetto”. Ma lo vedremo presto anche in una
miniserie di Mediaset, già venduta anche alla Bcc, due puntate sulla vita di
Rodolfo Valentino. E di questa ha parlato davanti a centinaia di giovani: «Mi
raccomando seguitemi in tv… mi vedrete nei panni di Rodolfo Valentino».
Qualcuno già mormora che sia il ruolo adatto a lui. Bello e tenebroso, all’apparenza
poco affabile e poco spontaneo, pare molto impostato nel ruolo di “sex symbol”.
Ma il suo manager smentisce: «Gabriel è un uomo buonissimo – spiega – e
disponibile, solo non ha una vita facile. È costretto a vivere in simbiosi con
altre quattro persone, per motivi di sicurezza».
Sono passati quasi vent’anni dal primo ingaggio
di Gabriel Garko, classe 1974, quando apparve nel cortometraggio “Troppo caldo”
con Francesca Dellera. Da quel 1995, serie tv e film di successo sono seguiti,
ma «alla soglia dei 40 anni è ancora un gran bell’uomo!» lasciano intendere le
sue fan di Lonato. Nella mischia dei teenager e ventenni, anche qualche decina
di over 30, al NoName per vedere uno dei volti “più belli d’Italia”. Che ha
liquidato il pubblico con un paio di sorrisi e un minuto di promozione sulla sua
fiction. Poi giù dal palco, mezzora di scatti e via. «Ci ha portato poca gente –
chiosa il direttore artistico del NoName Christian Luzzardi –. Le signore, le
sue fan, non erano poi molte…»
Francesca Gardenato
(articolo scritto per
Giornale
di Brescia)
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