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giovedì 6 ottobre 2011

Iva: ma quanto ci costi?

Entrata in vigore la manovra di Ferragosto, l’imposta sul valore aggiunto - ovvero l'Iva - è salita dal 20 al 21 per cento.

L’aumento dell’Iva è scattato il 17 settembre 2011, attenti alla trappola 'commerciale'! 
Proprio di sabato, giorno in cui per tradizione le famiglie spendono di più, è scattato quel punto in più. 
Ma la domanda è: come si ripercuoterà sulle nostre finanze questo punto percentuale in più? Pare poco ma, ahinoi, il rischio è che l’incremento scivoli oltre il dovuto.
Le stime attuali parlano di aumenti dai 120 ai 500 euro all’anno, per ogni famiglia italiana, calcolando che su ogni euro di spesa il rincaro sia davvero limitato a un solo centesimo in più. Ed è proprio questo il pericolo, come già ci è capitato di vedere, e subire, con l’avvento dell’euro.
È difficile che, dovendo ritoccare i prezzi al rialzo, li si elevi di un solo centesimo, per ogni euro. Sarà più facile, e più comodo, per i commercianti cavalcare l’occasione e arrotondare per eccesso di tre, quattro o cinque centesimi. Bocconi amari, insomma, per i nostri portafogli.
E se lo Stato ha calcolato di incassare 700 milioni di euro in più, a fine 2011, e oltre quattro miliardi nel 2012, di aumenti di salari e stipendi non s’è di certo parlato. Piuttosto, secondo Confcommercio l’incremento “provocherà un aumento dell’inflazione fra i 3 e i 5 decimi di punto, con la conseguenza di una contrazione del potere d’acquisto del reddito disponibile e della ricchezza delle famiglie consumatrici”. 
Il gettito teorico di 4,2 miliardi deve dunque essere ridotto a 3,7 o 3,9 miliardi effettivi, sempre secondo Confcommercio che teme una contrazione ancora più marcata dei consumi.
«L’aumento dell’Iva dal 20 al 21%, contenuto nella manovra appena approvata – avverte Davide Cecchinato, segretario generale di Adiconsum Verona – oltre che produrre effetti negativi sui consumi dei veronesi, rischia di realizzare effetti perversi sui prezzi dei beni, soprattutto di prima necessità (alimentari, abiti, casalinghi, ecc.). Come avvenne in occasione del passaggio dalla lira all’euro, gli arrotondamenti a rialzo dei prezzi sono un rischio più che concreto».
Attenzione però: il carrello della spesa non dovrebbe subire rincari
«I generi alimentari non sono soggetti all’aumento – continua Cecchinato –, in quanto godono dell’aliquota Iva agevolata al 4% o al 10%. Scatta l’Iva al 21% invece per bevande gassate, tartufi, superalcolici, vini e spumanti. Tra i beni e servizi oggetto di rincaro, spiccano il carburante (che sconta questo ennesimo gravame dopo l’aumento delle accise) e il gas per i consumi superiori ai 480mc/anno».
Chiarito ciò, per Adiconsum il rischio arrotondamenti al rialzo o aumenti ingiustificati è particolarmente marcato in certi settori. Primo fra tutti quello alimentare, a seguire i vari componenti della filiera, ovvero: trasporto merci, forniture di materiali, servizi resi al professionista da terzi. 
«L’incremento dei prezzi, a seguito dell’innalzamento dell’Iva – precisa Cecchinato –, è un inganno che sfrutta l’ignoranza del consumatore sul meccanismo dell’Iva». Quest’ultima infatti «è sempre recuperata integralmente e non rappresenta mai un costo per professionisti e commercianti. Una volta incassato il corrispettivo dal consumatore, il venditore dovrà versare allo Stato solamente la differenza fra Iva pagata nelle proprie forniture e Iva riscossa dal consumatore».

I rincari toccano i beni di consumo non essenzialiNon viene toccata dalla manovra l’aliquota agevolata del 10%. Per il resto, sono molti i prodotti e servizi quotidiani che subiranno l’aumento di un punto percentuale: dagli elettrodomestici alle bevande, dalle calzature alla biancheria intima; ma anche il parrucchiere, il commercialista, la palestra e la piscina... Ora, l’invito che Adiconsum Verona rivolge a tutti i consumatori della provincia è di segnalare alle sedi territoriali (www.adiconsumverona.it) eventuali richieste di pagamento di beni e servizi superiori all’1%.
Articolo pubblicato anche sul settimanale Verona Fedele.

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