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"Le parole sono innocenti.
Siamo noi che, usandole senza fantasia, le rendiamo odiose". (Umberto Eco)

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venerdì 26 febbraio 2016

Benessere, salute e alimentazione: ne parliamo a Golositalia

Benessere, salute e alimentazione. Ne parliamo domani pomeriggio, 27 febbraio, alle ore 16 al padiglione 1 (sala seminari) del Centro fiera del Garda di Montichiari (BS). 
Da domani a martedì 1 marzo il Centro Fiera ospita la quinta edizione di Golositalia, fiera nazionale dedicata alle eccellenze del settore enogastronomico, alla ristorazione e alle attrezzature professionali con oltre 600 espositori, circa 120 eventi, nuove tendenze tra food & beverage, social e vegan life!

Ecco il programma del mio seminario e gli ospiti coinvolti

“BEN-ESSERE NATURALE 
                           E ARMONIA TRA MENTE E CORPO”

Molti piccoli problemi e acciacchi quotidiani potrebbero essere ridimensionati, se non addirittura risolti, attraverso una maggiore consapevolezza di se stessi e di come l’alimentazione sia il “carburante” essenziale per far funzionare al meglio il nostro organismo. 
Con piccole modifiche del nostro stile di vita, una dieta più bilanciata e salutare, prendendoci cura di mente e corpo come un “tutt’uno”, aiutandoci con yoga o momenti di meditazione, possiamo riequilibrare le nostre energie e migliorare il nostro benessere psicofisico, a ogni età, prendendoci i giusti tempi per pensare a noi e, di conseguenza, dedicarci meglio agli altri!

INTERVENGONO:

  #   Vladimiro Colombi, naturopata (tra i maggiori esperti in Naturopatia e autore del portale Naturessere.it) – “Alimentazione e cucina naturale per una qualità di vita migliore”

 #   Sara Ziliani, psicologa e sessuologa – “Mente e corpo: un sistema unitario”, stress, malattie psicosomatiche e benessere psicologico

#  Milena Arlia, operatrice Yoga – “Lavorare sul corpo per rigenerare la mente”. Il significato antico della parola yoga è proprio unione tra corpo e mente

#  Alice Davi e Pierluigi Castallo, titolari della azienda agricola biologica Cascina Primavera – La favola moderna di Alice e Pigi e della loro fattoria urbana di Centenaro (Lonato): “La passione di Pierluigi nel coltivare la terra dei nonni e la gioia di Alice nel ‘coccolare’ le persone che amano mangiare sano e stare bene”

 # MarilenaPinti, naturopata ed esperta di erbe spontanee e cucina naturale e titolare dell’Agriturismo Catena Rossa – “La natura ha già inventato tutto ciò di cui abbiamo bisogno…”


Alice e Pierluigi di Cascina Primavera

Abbiate buona cura del Vostro corpo, perché è l’unico posto in cui dovete vivere. E non lasciate che a dettare le regole sia la vostra mente.

Vi aspettiamo!

Modera: Francesca Gardenato, giornalista

martedì 23 febbraio 2016

Erri De Luca e il Canzoniere Grecanico sbarcano sul Garda... a Sirmione

Erri De Luca sbarca a Sirmione!
“Solo andata” è il titolo dell’evento che aprirà il marzo sirmionese con Erri De Luca e il Canzoniere Grecanico Salentino (CGS). Ospite d’eccezione del cartellone teatrale “Sabato a Palazzo” sarà  il giornalista, scrittore e poeta italiano, sul palco di Palazzo dei Congressi venerdì 5 marzo alle 20.45 con lo spettacolo “Solo Andata”.
L’opera apre la rassegna “Garda Musei Tener-a-mente”, che nel 2016 diventa rassegna diffusa sul territorio gardesano grazie alla collaborazione con la Fondazione del Vittoriale degli Italiani e la rete Garda Musei, nata come officina di arte e cultura con un’offerta che si prolunga durante tutto l’anno e abbraccia varie località benacensi.
Il Canzoniere Grecanico Salentino ed Erri De Luca proseguono la loro collaborazione dopo il grande successo che “Solo Andata” ha ottenuto nella scorsa stagione, meritando il Premio “Arte e Diritti Umani 2014” di Amnesty International e la menzione del quotidiano britannico “The Guardian”, che ha inserito il brano nella lista delle migliori canzoni folk-world.
Erri De Luca
In teatro a Sirmione, settimana prossima, arriva quindi uno spettacolo originale in cui tradizione e mito, storie vecchie e nuove convergono in un unico racconto, radicato ai luoghi e agli eventi del presente, scandito dal ritmo del connubio tra la musica e la danza del Canzoniere, e l’inconfondibile parola di Erri De Luca, sempre geniale ed evocativa. Un tour che parte da Milano il 3 marzo e arriva fino a Roma e a Pescara, con due tappe sul lago di Garda (una il 4 marzo al Vittoriale di Gardone Riviera e il 5 marzo al Palacreberg di Sirmione). Come ha dichiarato in un’intervista lo scrittore Erri De Luca, “le parole quando vengono sollevate dalla musica e portate in giro, in mezzo alle persone, diventano aria, fiato e nuova musica”. “Solo andata” è interpretato da molti immigrati, partiti per necessità dal loro Paese e oggi abitanti di Lecce, che si sono inseriti nella loro nuova terra, la loro Terra dell’oro, e che non vorrebbero più tornare perché qui vorrebbero crescere i loro figli.
Una veduta di Sirmione
Prevendite per il 5 marzo riservate ai cittadini di Sirmione e agli abbonati della rassegna “Sabato a Palazzo”. Il costo del biglietto è di 20,70 euro (18 euro più i diritti di prevendita) ed è acquistabile direttamente tramite Garda Musei Tener-a-mente, info: www.anfiteatrodelvittoriale.it.

domenica 21 febbraio 2016

Intervista a Mario Melazzini. Quando la sofferenza diventa speranza e forza

Pubblico in questo post la mia intervista integrale, realizzata a inizio febbraio al dottor Mario Melazzini per il settimanale Verona Fedele e pubblicata sul numero di questo venerdì 19 febbraio 2016. 


Arriva puntuale in una sala gremita della Biblioteca di Sirmione (venerdì 5 febbraio). Sulle medesime sponde del lago di Garda, dove anni fa conobbe attraverso i suoi scritti la venerabile Benedetta Bianchi Porro, studentessa di medicina come lui, affetta da una malattia rara. Come lui. Il dottor MarioMelazzini, medico oncologo, da 14 anni soffre di una patologia rara, neurodegenerativa: la Sla, acronimo di sclerosilaterale amiotrofica. Sua compagna di vita da quando, il 17 febbraio 2002, il suo piede sinistro non riuscì ad agganciare il pedale della bicicletta per affrontare la corsa quotidiana.
Padre di tre figli e già nonno, Melazzini non si è arreso alla malattia: oggi è anche assessore alla ricerca e all’innovazione della Regione Lombardia, al timone di Arisla (fondazione italiana per la ricerca sulla Sla) e il dicembre scorso è stato nominato dal ministro Beatrice Lorenzin presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, Aifa
Il dottor Mario Melazzini a Sirmione
Nonostante la fatica del viaggio in auto da Milano, il medico conquista da subito la platea con il suo sorriso rassicurante, la voce calma e quella forza straordinaria che sgorga dalla speranza, ispiratrice del suo ultimo libro (“Lo Sguardo e la Speranza. La vita è bella, non solo nei film”, Edizioni San Paolo, 2015) e della sua idea di rapporto medico-paziente.
«Ho imparato dai miei pazienti che inguaribile non è sinonimo di incurabile – afferma Mario Melazzini – e che la dignità sta nell’occhio del curante: per questo parlo sempre di sguardo. Oltre alla medicina, anche la speranza è uno strumento di cura e di vita, e lo sguardo dei familiari, degli amici, dei colleghi può essere espressione di fiducia e di speranza: aiuta ad affrontare meglio la malattia, la solitudine, la sofferenza».
Nonostante la malattia, ha accettato l’ennesima sfida il dottor Melazzini: mettersi alla guida di un mercato che muove 30 miliardi di euro e che decide con quali medicine curarsi. «Andare in giro a parlare – continua il neopresidente di Aifa – mi pesa molto, più dal punto di vista emotivo che fisico. Per prepararmi ad uscire ci metto circa tre ore e mezza, la mattina; la cravatta mi sta scomoda, le scarpe mi fanno gonfiare i piedi, e poi c’è la notte da affrontare… ma questi incontri sono momenti di carica propulsiva che mi danno grande energia».
Biblioteca di Sirmione
L’incarico come presidente di Aifa dà, ancora una volta, una svolta alla sua vita. Quali sono gli obiettivi della sua “nuova battaglia”?

«Credo che ci troviamo di fronte a una sfida importantissima. In un contesto particolare, in cui il costo dei farmaci è in crescita, diventa necessario promuovere una nuova governance del farmaco. L’obiettivo è la sostenibilità della spesa farmaceutica alla luce dei nuovi farmaci innovativi. Obiettivi importanti che Aifa sta già perseguendo grazie all’impegno dell’attuale direttore generale Luca Pani».

Lei ha parlato spesso dell’importanza di bilanciare l’efficacia delle cure con la qualità di vita dei pazienti e i costi. Come si raggiunge, a suo avviso, questo equilibrio? Quando è opportuno fermarsi per non sconfinare in “accadimento terapeutico”?

«È un tema delicato quello dell’equilibrio e della correttezza appropriata nella somministrazione di farmaci, anche a malati terminali. Fermarsi non significa non voler più offrire le terapie, ma garantire le cure, la presa in carico e sollecitare un confronto sulla necessità di dover bilanciare al meglio l’efficacia della terapia con la qualità di vita del paziente. Un equilibrio che ritengo si possa raggiungere mettendo al centro delle proprie azioni la persona e suoi bisogni. Da tempo sostengo fermamente che sia fondamentale garantire un percorso di presa in carico sia del paziente che dei suoi familiari, per assicurare la continuità assistenziale. È inoltre importante il ruolo che le istituzioni, insieme al mondo sanitario e sociosanitario, devono ricoprire affinché si abbia la certezza concreta che nel nostro Paese ognuno riceva trattamenti, cure e sostegni adeguati
La medicina, i servizi sociosanitari e, più in generale, la società forniscono risposte ai differenti problemi posti dalla malattia, dal dolore e dalla sofferenza: risposte che devono essere implementate e potenziate. Bisogna evitare che certe correnti di pensiero trasformino la persona malata e/o con disabilità in un peso e costo sociale: un’idea che aumenta la solitudine dei malati e delle loro famiglie, introduce nelle persone più fragili il dubbio di poter essere vittima di un programmato disinteresse da parte della società, e favorisce decisioni rinunciatarie. Credo che la medicina e la scienza, così le persone che vi operano, debbano intervenire per eliminare o alleviare il dolore delle persone malate o con disabilità e migliorare la loro qualità di vita, evitando ogni forma di accanimento terapeutico. Questo conferma il senso della nostra professione medica».

Cosa manca secondo lei, in maniera sostanziale, in Italia per dare più dignità ai malati di Sla e di altre patologie altamente invalidanti?

«Gli operatori sanitari dovrebbero essere più consapevoli di ricoprire un ruolo fondamentale nel percorso di cura di ogni malato e da qui farne derivare un sentimento di profonda partecipazione. È necessario sviluppare sempre di più nel rapporto medico-paziente un forte senso di empatia che porta al processo di condivisione del percorso terapeutico assistenziale. La persona deve diventare il “motore” centrale di questo percorso affinché si avvii un reale cambiamento, che può divenire davvero epocale. Bisogna porre sull’altro uno sguardo nuovo, che consente di leggere le sue reali necessità ed essere così in grado di formulare delle risposte concrete ed efficaci. Si tratta di uno sguardo aperto, che può dare dignità e sentirla restituita. Uno sguardo che io stesso ho imparato a conoscere e che mi ha permesso di comprendere la mia malattia». 

La sua determinazione a vivere una vita normale e felice, nonostante la malattia, trae radici nella fede. Come spiega questa sua ritrovata speranza ad altri ammalati?

Nuovo libro di Mario Melazzini
«Sono convito che il dolore e la sofferenza, sia fisica che psicologica, in quanto tali, non sono né buoni né desiderabili (lo dico da medico, uomo e paziente), ma non per questo sono senza significato. Dovremmo riuscire a farne tesoro, farli diventare un valore aggiunto al nostro percorso di vita. Può sembrare paradossale, ma un corpo nudo, spogliato della sua esuberanza, mortificato nella sua esteriorità fa brillare maggiormente l’anima, ovvero il luogo in cui sono presenti le chiavi che possono aprire, in qualunque momento, la via per completare nel modo migliore il proprio percorso di vita. A me è successo, e grazie alla malattia, vivo ogni giorno, come uomo, medico e malato, con gioia e umiltà, l’infinita bellezza dell’esistere. Certamente nel mio percorso di accettazione anche la fede e la preghiera hanno giocato un ruolo fondamentale: sono servite a rafforzare sempre di più in me la speranza, che io definisco come quel sentimento confortante che provo quando intravedo con l’occhio della mia mente un percorso che mi può condurre a una condizione migliore».

Nella presentazione del suo libro ha parlato della venerabile Benedetta Bianchi Porro, ha citato anche Giobbe e Sant’Agostino. Chi nella Parola le ha donato o le dona maggiore conforto?

Un'immagine della venerabile sirmionese
Benedetta Bianchi Porro,
per la quale è in corso l'iter di beatificazione
«Ho incontrato queste figure nel mio percorso di accettazione della malattia e ognuna di esse, in momenti diversi e per ragioni diverse, mi ha donato conforto, mi ha aiutato a trovare le risposte alle mie domande e a intraprendere un percorso nuovo di vita. Tra le tre figure, mi piace ricordare Giobbe: l’incontro con lui mi ha permesso di accettare il limite e trasformarlo in speranza, in opportunità, facendolo diventare uno strumento di vita quotidiana. Fondamentale è stata per me la frase: “Ti ho conosciuto per sentito dire, ma ora ti ho incontrato”. Così ho avuto la certezza dell’incontro reale con il Mistero.
Penso ci sia sempre un significato a ciò che ci accade e che può essere sempre vissuto come un dono, anche se è comprensibile che all’inizio dell’esperienza del percorso della malattia vengano poste con un po’ di rabbia. Quanto vissuto come malati, come pazienti, è sempre un dono che ci viene offerto».  

Oltre lo sguardo, la speranza, che diviene anche terapia e nel suo caso è un punto di arrivo e di ripartenza…

«Dopo la diagnosi di malattia il mio pensiero era fisso a come la Sla mi avrebbe progressivamente reso prigioniero del mio corpo. I primi due anni di malattia sono stati di buio, mi rifiutavo di accettare questa malattia rara e devastante, di fronte alla quale la scienza medica era impotente. Mentre allontanavo tutti gli affetti, continuavo a lavorare tra i miei pazienti e cercavo di pianificare razionalmente il pensiero di smettere di vivere in quelle condizioni. 
Oggi mi rendo conto che in quel periodo vivevo continuando a guardare al passato, alle cose che non avrei più potuto fare, come andare in bicicletta e arrampicarmi sulle montagne che ho sempre amato. In quei momenti difficili, per provare a me stesso l’insuperabilità della mia condizione, mi sono rifugiato per un lungo periodo di solitudine proprio tra quei monti che amavo e che in quel momento mi davano dolore. Lì mi sono ritrovato. A poco a poco qualcosa è cambiato in me e ho capito che nonostante dovessi fare i conti ogni giorno con il limite, avrei potuto aspirare ancora a una vita piena e realizzata. Così la Sla nel tempo è diventata essa stessa esperienza di vita: la consapevolezza del presente, da dolorosa memoria e causa di grande tormento, è diventata fonte di esperienza e di forza. Questo per me è vivere nella speranza, grazie alla quale ora posso volgere uno sguardo nuovo su ciò che accade, sulle persone che mi stanno vicino e sulle esperienze che affronto, potendone cogliere il vero significato».

Francesca Gardenato

lunedì 15 febbraio 2016

Il "mio" Sanremo 2016

Dall’avventura sanremese torno con la soddisfazione di aver sgomitato ancora una volta con i miei gomiti e camminato solo con le mie gambe, la mia testardaggine e la mia curiosità. A volte farsi largo è fatica, delusione e spreco di energie, ma è sempre bello poter dire “io c’ero e ho fatto del mio meglio”. L’occasione è perfetta per sentirsi anche giornalisti di serie B, provinciali e di poco interesse per l’organizzazione. D’altronde del Festival di Sanremo ne parlano tutti e le voci autorevoli non mancano. Eppure in questi giorni mi sono goduta l’atmosfera della sala stampa ‪‎Rai (in cui sono rimasta per ore murata, facendomi largo tra frotte di colleghi!) e tolta qualche minuscola soddisfazione come sentirmi nel cuore di un grande evento, incontrare un conduttore che stimo tantissimo come Carlo Conti, capitano di un’impresa artistica e musicale che ancora, dopo 66 anni, è una vetrina-simbolo della nostra ‪‎Italia, nel bene e nel male (anche nelle canzoni scialbe di quest’anno, nei discutibili nastrini arcobaleno e nell’inutilità del “valletto” Garko).


Non torno a casa né più ricca né più povera, ma ringrazio chi mi ha dato la possibilità di esserci, di respirare l’aria del Festival con le sue contraddizioni, il suo caos (oltre mille giornalisti in sala stampa e una città intasata dal traffico e dallo smog, con un centro aperto alle auto: una follia!), i suoi svariati pass e l'atmosfera fieristica di Casa Sanremo. Comunque è stato bello sbirciare “dietro le quinte” ed entrare di straforo nel famoso teatro Ariston, aggiornando così il mio piccolo bagaglio di esperienze da freelance di periferia.
Condivido qui alcuni passaggi o ricordi delle interviste raccolte per le radio con cui ho collaborato nei miei giorni sanremesi, ovvero RCS Verona, Radio Circuito 29 e Radio Noi Musica.
Gabriel Garko
“Ai giovani che vogliono lavorare con la musica sentiamo di dire che non esistono solo i talent, ma ci sono anche i locali e le cantine dove fare musica e crescere”, belle parole pronunciate dai vincitori di questo festival, gli Stadio, forti di quarant’anni di carriera alle spalle e pronti per il tour che li porterà a esultare con il loro affezionato pubblico negli stadi d’Italia.
Esemplare per i giovani, cantanti e non solo, anche lo spirito dei ‪‎Pooh che dopo cinquant’anni non hanno mancato di ricordare l’importanza del gruppo sul palco dell’Ariston: “Il gruppo ti sta vicino, ti fa sentire la presenza e ti aiuta a tornare in pista”.
Dolcenera
Dolcenera o #Dolcenerd è senza dubbio una delle migliori voci di questo Sanremo 2016: “Il pianoforte è il mio linguaggio, il mio modo naturale di esprimermi e mi permette di salvarmi dall’ansietta sanremese”. Grinta e performance straordinaria. Ha difeso con le unghie il suo pezzo “Ora o mai più”: “È stato un attimo, è nato come una cosa straordinaria, musica e parole insieme, e io sento di doverlo difendere come se fosse un figlio mio”. Una canzone che racconta di un amore maturo e un’evoluzione artistica e musicale, che forse è stata poco capita e  certamente meritava di più nella graduatoria finale.
Arisa, voce eccezionale, ma al festival con un brano deludente, più superficiale di quanto voglia far sembrare, da penso positivo ma non so da che parte andare. “C’è stato un errore di interpretazione nel testo, a me l’uomo serve, e molto!”, ha ironizzato l’artista con noi giornalisti. “Credo in un’energia superiore, nell’Universo, non per forza devo chiamarlo Dio... Mi piace credere che due anime possano unirsi e sentirsi una sola...”.
Quando indaghiamo per capire se il testo celi una fede più intima, la risposta è confusa e tutt’altro che profonda: “Dove dovevo andare? Cosa dovevo dire? Se il caso vorrà che dica altre cose... lo farò. Ma i testi non li scrivo io, li scrive Giuseppe Anastasi”.
Lei d'altronde è così: naturalmente svanita, ma semplicemente simpatica, risponde cantando e confonde la destra con la sinistra. Ironizza sul suo look che non è piaciuto: “Volevo che le signore a casa mi sentissero una di loro. Ho scelto l’abito (la sottoveste?!, ndr) con il mio personal stylist (che responsabilità!) ma purtroppo ci è andata male!”
Dalla nonna ha preso la preghiera della sera, la pizza a colazione tagliata con la forbice e l’amore per il sugo. Si sente cantante più che valletta. L’Ariston la emoziona all’inizio, poi tutto passa. E ride, ammicca, fa smorfie, si ferma fino all’ultimo flash, risponde a tutti. Anche a noi che la soffochiamo di richieste. La portano via a forza. Piace troppo Arisa, anche quando si impappina, quella voce da bambina, ma quando canta guai: intonata, perfetta, improvvisa un pezzo in napoletano, a cappella. “Sono di Potenza, eppure mi sento napoletana!”. Il suo nuovo album racconta di lei, donna e artista. La sua storia e il suo sogno d’amore. Anche questo è Sanremo 2016.
Rocco Hunt
Il rapper Rocco Hunt, invece, è ben felice di aver dato la sveglia al Festival di Sanremo: “Io voglio risvegliare l’Italia e la politica, non i giovani, che sono già abbastanza svegli”.
Enrico Ruggeri
Enrico Ruggeri, come Carlo Conti, si sente a suo agio nella sala stampa Lucio Dalla, che accoglie i giornalisti di tv e radio nazionali. Elogia la radio: “Ha un pubblico più attento e di qualità”. Sulle giovani proposte dice: “Devono piacere al primo singolo; i nuovi cantanti sono molto più penalizzati di noi una volta, perché oggi hanno meno tempo per lavorare bene e farsi conoscere”.
Carlo Conti (al centro)
Che conduttore pazzesco, unico, perfetto il capitano Conti: rilassato come in una vacanza tra amici sulla riviera ligure. Gestisce lo stress come la sua squadra, egregiamente. Solare quanto la sua tinta, elegante, sempre con la battuta pronta, mai volgare, mai sopra le righe. “Qui mi sento a casa – ci confida in sala stampa – perché sono nato in una radio locale e il primo amore non si scorda mai”. In ogni momento dice la cosa giusta, senza sforzo e col sorriso. Accompagna lo scherzo con la sua gestualità. “Sono fiorentino, mi piace scherzare”, quasi a giustificarsi. Torna serio alla domanda sull’ospite della seconda serata: “Non ho voluto raccontare i particolari della storia del maestro Ezio Bosso, mi è bastato entrare con lui in carrozzina e lasciare spazio a lui e alla sua storia”
Grandi emozioni con il pianista, compositore e direttore d’orchestra malato di Sla, Ezio Bosso che, prima di lasciare il palco dell’Ariston, ci ha lanciato un’ennesima perla: “La musica come la vita si può fare solo in un modo: insieme”. Profondità di musica e parole in un intervento eccezionale.
Infine, Virginia Raffaele, comica, imitatrice, attrice e conduttrice è la donna che ha stravinto il festival, acclamata sia dagli uomini che dalle donne! Vulcanica, simpatica e intelligente, ci ha sorpreso e fatto ridere in ogni serata. “Ho realizzato il mio sogno e ho sentito il grande calore del pubblico”. Accanto a lei Madalina Ghenea, dolcissima, timida e di una insicurezza pari alla sua notevole bellezza, la donna dei mille grazie.
Con il direttore d'orchestra Pinuccio Pirazzoli
Patty Pravo
Lorenzo Fragola
Dear Jack