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mercoledì 15 agosto 2012

Che voglia di una buona pizza!

Secondo capitolo di “Storie d’estate”

La pizza, insieme alla pasta, è uno dei simboli del nostro Belpaese. Ed è un alimento completo e nutriente la cui preparazione richiede conoscenze adeguate, una buona manualità nella cura dell’impasto e la giusta attenzione nella scelta delle materie prime, cominciando dalla farina. 
Ecco qualche curiosità su questo piatto tanto amato dagli italiani e dagli stranieri.

Sia che si usi un forno a legna o a gas o elettrico, «il segreto sta nella maturazione e lavorazione dell’impasto». 
Di pizza ci parla un vero esperto, anzi il campione della pizza, il veronese Giorgio Sabbatini (in foto).
È venuto a Desenzano, qualche settimana fa, all’Agrigelateria sull’aia Corte Fenilazzo di Rivoltella, dove tornerà a farci assaggiare la sua pizza il prossimo 8 e 9 settembre 2012.
«Di per sé la ricetta è semplice: acqua e farina, un pizzico di sale e lievito di birra. Ma il punto è che non tutte le farine sono uguali e, a seconda del tipo, cambiano lavorazione e tempi di maturazione della pasta».

Sabbatini è titolare del ristorante pizzeria “MaryGiò” ad Affi, vicepresidente dell’Associazione pizzaioli veronesi, docente presso la Scuola italiana pizzaioli di Caorle, la prima e l’unica certificata nel nostro Paese, ed è campione mondiale di pizza 2012, dopo essere stato campione europeo 2011.
Il titolo mondiale lo ha vinto a Salsomaggiore l’aprile scorso, nella specialità “pizza a due” in coppia con lo chef Attila Benke e la ricetta “Il diavolo e l’acqua santa”, una pizza che unisce carne e pesce ai sapori veronesi. È il frutto di una fase di ricerca e perfezionamento durata quasi due anni, apprezzata dalla giuria perché aggiunge alla tradizione un tocco di modernità.
«Ho abbinato alla pizza la lavorazione delle estremità tenere del fiore di luppolo selvatico (i bruscansi), le capesante caramellate col rum, mozzarella e pancetta affumicata. Più un’aggiunta finale di formaggio cimbro veronese». Per vincere il titolo mondiale, precisa l’esperto, «conta la ricetta. La giuria guarda la pasta, il gusto, la cottura. Il prodotto finale deve essere semplice, ma convincente».
Da docente della scuola pizzaioli, Sabbatini spiega che il presupposto da cui si parte è quello di far capire agli allievi e futuri pizzaioli cosa succede impastando acqua e farina. «A scuola s’impara ad amalgamare gli ingredienti per avere un buon risultato, il resto viene con la manualità e l’esperienza. L’errore più comune è credere che le farine siano tutte uguali, mentre ci sono tipologie diverse, per le quali variano i tempi di maturazione e lavorazione. Migliore è la qualità della farina, più si riduce la parte salina».

La ricetta della pizza non cambia, ma a seconda delle regioni prevalgono farine diverse e l’Italia ancora una volta si divide, anche davanti alla pizza.
«La lavorazione – prosegue il campione mondiale – è più lunga al nord rispetto al sud. Noi abbiamo un prodotto più fine, più leggero, con una farina multicereali e un impasto indiretto. La tendenza attuale è di adoperare farine più ricercate che riducono la parte salina, in linea con le direttive della Comunità europea che dal 2013 prescrive che grassi e sali presenti nella pizza non superino il 2,7 per cento».
Giorgio Sabbatini 
Nelle regioni del sud, la pizza ha impasto diretto e una lavorazione giornaliera. Ovvero si lascia la pasta a temperatura ambiente per qualche ora, la sera si lavora il prodotto, lo si cuoce a una temperatura minima di 400°C per un minuto e mezzo circa. Il risultato finale è una pizza effetto pane, più soffice. Decisamente diverso dall’effetto cracker che si ha al nord, con impasto indiretto e una cottura a 300-350°C.
La differenza tra impasto diretto e indiretto riguarda la maturazione del composto. Va precisato che la pizza non lievita, matura. «La lievitazione si esaurisce dopo due ore – chiarisce l’esperto –, la maturazione avviene in frigo e dura più tempo».
E se quando mangiamo la pizza, poi ci viene sete, sapete il motivo? «Se l’impasto matura male, è meno digeribile e fa venire sete. Due nemici di una buona pizza infatti sono la temperatura e la fretta», rimarca Giorgio. «Con la maturazione indiretta, io preparo la pasta madre, il pre-impasto o brolo con acqua e farina, che dopo 24 ore va rigenerato. La maturazione più lunga garantisce più fragranza e digeribilità al prodotto e un minor apporto di grassi e di sali».
Altra curiosità e altra differenza tra nord e sud: il peso. Una pizza napoletana pesa sui 240 grammi, mentre la nostra è in media 180-200 grammi. La napoletana tradizionale non ha né sale né olio; contiene un tipo di parmigiano particolare, secondo la ricetta povera dell’Ottocento, quando la gente non poteva permettersi l’olio perché era troppo caro.
Dalla classica si passa alla pizza romana, solitamente al metro, che ha un tipo di lavorazione più complicato e richiede una grande manualità. In tal caso il pre-impasto riposa almeno 48 ore, dopodiché si procede alla strozzatura (si formano delle palline di pasta da un chilo), seguono altre due ore di riposo a temperatura ambiente, poi precottura della pizza sulla pala di legno, infine la farcitura a piacimento. Il pre-impasto della romana contiene circa l’80 per cento di acqua, che si perde nella precottura, ma garantisce una più elevata digeribilità.

Anche farcire la pizza non è cosa banale!
«La migliore scelta è sempre la margherita: pomodoro, mozzarella e basilico, come insegna la tradizione», conferma Sabbatini. «Ma se si cerca qualcosa di particolare, il consiglio è di non abbinare più di cinque ingredienti, usare prodotti naturali e mai caricare troppo. Il peso deve essere intorno ai 200 grammi».
Il futuro della pizza? «Si muove verso la ricerca di abbinamenti particolari e prodotti biologici, partendo dalle farine di qualità, quindi più povere di sali».
E se in questo periodo la ristorazione risente di un certo calo, il mercato della pizza tiene, merito del prezzo contenuto. «Noi pizzaioli – conclude Giorgio Sabbatini – siamo sempre stati considerati i fratelli poveri dei cuochi, adesso più di qualche chef ci guarda con invidia perché noi stiamo lavorando bene».


[Articolo pubblicato sul settimanale Verona Fedele, numero del 12 agosto 2012]
Grazie a Mario Bondioni per la collaborazione e le foto.

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